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Circa Roberto

Questo autore deve ancora scrivere la sua biografia.
Nel frattempo lasciaci dire che siamo orgogliosi Roberto dei contributi e 40 voci.

Pubblicati da Roberto

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6 Novembre 2024 in news /da Roberto

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La salute del cuore inizia a tavola

6 Novembre 2024 in news /da Roberto

Chi ha a cuore la salute del proprio cuore mangia sano ed equilibrato. Perché anche a tavola si può fare molto per prevenire e combattere le malattie cardiovascolari. Ne parliamo con Ilaria Ernesti, medico specialista in scienza dell’alimentazione al Paideia International Hospital e al Mater Dei General Hospital. Per mantenere il cuore in salute qual […]

Risonanza magnetica e tomografia computerizzata: quando l’innovazione è al servizio della salute

6 Novembre 2024 in news /da Roberto

Nel campo della medicina moderna, la diagnostica per immagini riveste un ruolo fondamentale per la prevenzione, la diagnosi e il monitoraggio di numerose patologie. Tra le tecniche più utilizzate e innovative si trovano la risonanza magnetica (RM) e la tomografia computerizzata (TC), entrambe hanno migliorato significativamente la capacità di rilevare malattie in stadi precoci. Tecnologie […]

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6 Novembre 2024 in news /da Roberto

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Dormire restando senza fiato – Le apnee ostruttive in sonno OSAS

6 Novembre 2024 in news /da Roberto

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Prevenzione urologica e andrologica: Uomini, non abbassate la guardia

6 Novembre 2024 in news /da Roberto

Tutti gli uomini lo sanno che la prevenzione urologica e andrologica sono importanti; eppure, troppo spesso la rimandano. Infatti, nonostante negli ultimi anni, la consapevolezza rispetto all’importanza di monitorare e prevenire malattie dell’apparato genitale e urinario maschile sia cresciuta, rimangono ancora molti ostacoli culturali e psicologici da superare. Spesso, infatti, gli uomini tendono a sottovalutare […]

Prevenzione del Tumore alla Prostata: l’importanza di giocare d’anticipo

4 Novembre 2024 in news /da Roberto

Con l’arrivo di Novembre, mese dedicato alla prevenzione urologica, il Mater Dei General Hospital offre un sostegno completo per la salute maschile, sottolineando l’importanza di agire tempestivamente per prevenire il tumore alla prostata. Rivolgersi a uno specialista, superando l’imbarazzo, è un passo cruciale, specialmente quando si tratta di patologie che possono influenzare anche la sfera […]

Prevenzione senologica: perchè è importante non fermarsi mai

8 Ottobre 2024 in news /da Roberto

Quello dalla prevenzione del tumore al seno è un appuntamento importante che accompagna la donna lungo tutta la sua vita. Ma quando bisogna iniziare e soprattutto arriva un’età nella quale si può smettere? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Rossella Maria Occhiato, consulente Specialista in Radiodiagnostica e Diagnostica Senologica al Mater Dei General Hospital.

Dottoressa Occhiato, quando bisogna iniziare la prevenzione senologica e, soprattutto, quando si può smettere di fare ecografie e mammografie?

I dati ci dicono che il tumore al seno rappresenta oggi circa il 30% dei tumori femminili. Considerando la frequenza di insorgenza nelle diverse fasce di età sappiamo anche che il rischio aumenta con l’età. Questo significa che, in realtà, non si può mai smettere di avere un appuntamento con la prevenzione senologica. Tuttavia ci sono delle distinzioni che è bene ricordare.

Prima dei 30 anni è importante praticare l’autopalpazione del seno ed è bene associare un’ecografia mammaria annuale insieme ad una consulenza senologica. Ovviamente si tratta di linee generali.

Dopo i 70 anni di età è bene proseguire il programma di prevenzione con controlli biennali mammografici e, comunque, sulla base delle proprie caratteristiche individuali.

Ci sono tappe nella vita di una donna che segnano dei veri e propri spartiacque: dalla prima mestruazione, alla gravidanza fino alla menopausa. Come si inserisce la prevenzione senologica in queste diverse fasi?

Come abbiamo detto il tumore al seno viene considerato una malattia dell’età adulta anche se, sempre più spesso, si presenta in età giovanile e questo non va dimenticato. La maggiore incidenza si raggiunge dopo i 50 anni ma riveste un ruolo importante la storia familiare o personale nell’ incidenza di tumore al seno: infatti, tra il 5 e 7 per cento dei casi questi tumori mammari sono ereditari. E molti tumori mammari ereditari sono legati a mutazioni genetiche BIRCA1 e BRCA2.

Ma non solo: il rischio di sviluppare un tumore al seno è legato, inoltre, all’ attività ormonale nella donna. Quindi, un ciclo mestruale precoce o una menopausa tardiva o anche l’assenza di gravidanze possono aumentare il rischio di insorgenza. Così come anche l’assunzione di contraccettivi orali o terapie ormonali usate in menopausa.

Sono molti i fattori di rischio predisponenti ai quali si devono associare anche gli stili di vita come, ad esempio, il sovrappeso, l’obesità nonché il consumo di alcool.

Tutto questo ci riporta a dire non solo che la prevenzione senologica non si può mai smettere ma anche che è importante affidarsi ad una consulenza senologica dello specialista che saprà indicare al meglio quali esami fare e con quale periodicità, in base alla nostra storia familiare e personale.

Tumore al seno: come la chirurgia moderna riduce l’invasività e rispetta il corpo

8 Ottobre 2024 in news /da Roberto

Quando arriva una diagnosi di tumore al seno, l’idea di doversi sottoporre ad un intervento chirurgico, in molti casi, è vissuta con una preoccupazione che spesso si tinge di angoscia. Perché la chirurgia senologica, ancora oggi, viene associata all’idea della mastectomia radicale o comunque a un importante ed evidente deficit estetico, a quella di una menomazione fisica che sconvolge il vissuto di una donna. Eppure, oggi, grazie ad una chirurgia più ‘dolce’ e più rispettosa del corpo – e della sensibilità – delle donne si può dire che non bisogna averne paura. Ne parliamo con la Prof.ssa Daniela Andreina Terribile, chirurgo senologo al Mater Dei General Hospital.

Possiamo affermare che la soluzione chirurgica è un’alleata della salute delle donne?

Certamente la chirurgia rimane ancora, stiamo parlando di patologia tumorale o casi sospetti, l’arma più incisiva. Anche se, sempre di più, il trattamento del tumore al seno e, quindi la guarigione, passano attraverso un approccio multidisciplinare. Il chirurgo non è più, come nel passato, l’unico demiurgo anche se, spesso, spetta al chirurgo senologo il coordinare tutte le procedure in maniera collegiale. Un aspetto, questo, molto diverso rispetto al passato: il chirurgo operava e poi erano gli altri colleghi a continuare a prendersi carico della salute della donna. Non solo: spesso erano le donne a doversi trovare gli specialisti. E questo si traduceva in opinioni differenti, spesso contrastanti che generavano nelle pazienti un grave disagio soprattutto dal punto di vista psicologico. Oggi, per il trattamento del tumore del seno, così come per altre patologie, si utilizza un approccio multidisciplinare, collegiale, condiviso e concordato in cui ogni medico recita un ruolo importante. E questo, mi creda, aiuta moltissimo le pazienti. 

Il chirurgo è quindi un po’ il direttore d’orchestra e la musica è un po’ più ‘dolce’ di ieri?

Direi proprio di sì. L’evoluzione che fortunatamente c’è stata nell’ambito della chirurgia senologica viene considerata una vera e propria de-escalation cioè una ‘riduzione’ dell’approccio chirurgico in termini di indicazioni e di modalità di interventi. Prima il bisturi era la sola opzione. Adesso non è più così. Grazie alle tecniche mininvasive di radiologia a cominciare dalle biopsie. Si sta abbandonando l’ago aspirato a favore dell’agobiopsia. Si tratta di un prelievo micro-istologico che consente di effettuare la diagnosi con una certa accuratezza nella grande maggioranza dei casi. Questo permette di evitare molti interventi chirurgici inutili. Oggi la patologia tumorale benigna non viene quasi mai sottoposta ad intervento se non nei casi in cui non permanga un forte dubbio o in presenza di noduli benigni di grandi dimensioni e /o sintomatici.

In che senso la chirurgia senologica è più ‘rispettosa’?

Gli interventi di tumore al seno sono sempre più ridotti e più rispettosi. Ridotti perché con le diagnosi sempre più precoci, grazie ai programmi di screening, a una maggiore consapevolezza della donna di sottoporsi agli esami e a una radiologia sempre più raffinata e sofisticata, si riesce a cogliere lesioni veramente di pochi millimetri. Nel 70-80 per cento dei casi questo si traduce in interventi di tipo conservativo. Una conquista importante. L’altra grossa conquista è il concetto di ‘bisturi amico’. Mi riferisco a una chirurgia che non solo conserva il seno ma anche l’aspetto seno. Non ci si limita a togliere la parte malata ma con le tecniche mutuate dai chirurghi plastici o in collaborazione con loro è possibile rimodellare il seno ottenendo un risultato assolutamente accettabile anche da un punto di vista cosmetico. Salvaguardando sia l’aspetto oncologico che quello estetico. E quindi si scelgono ‘vie d’accesso’ nascoste, incisioni meno visibili e suture che con il tempo diventano poco o addirittura invisibili. Lo scopo, non sempre raggiungibile purtroppo, è che la donna non debba avere costantemente sotto gli occhi un esito “importante” del suo intervento.

La mastectomia è quasi l’ultima spiaggia. Anche in questi casi c’è rispetto del corpo della donna?

Assolutamente si, anche se non parlerei di ultima spiaggia. Si cerca di ricorrere sempre meno frequentemente a questo approccio ma solo quando è indispensabile o comunque la soluzione migliore e condivisa , oggi in  circa il 30 %dei casi . Anche in queste circostanze è determinante ‘progettare’ prima l’intervento. Anche questo è un grosso cambiamento culturale. Oggi, per valutare il tipo di trattamento, non si aspetta più di trovarsi in sala operatoria. In passato alla paziente si diceva solo al risveglio come si era proceduto chirurgicamente. Oggi si deve effettuare sempre una attenta pianificazione preoperatoria per sapere quanto si deve asportare, e soprattutto nel caso di mastectomia, come si può ricostruire e chi deve essere al fianco del chirurgo senologo. Una mastectomia, quindi, non è, e non deve essere più, una terribile ‘sorpresa’ né per il chirurgo né per la paziente.

Quando si è in presenza di importanti comorbilità o di età molto avanzata è possibile che si debba rimuovere il seno senza ‘riscostruire’ ma nel 70 per cento dei casi è possibile fare una mastectomia conservativa con ricostruzione immediata. Si tratta di un intervento che asporta tutta la ghiandola mammaria ma lascia ‘l’involucro’ cutaneo esterno e, se possibile, anche il capezzolo e l’areola. Quindi con il chirurgo plastico si procede a posizionare una protesi temporanea o definitiva. Anche a questo riguardo le tecniche di ricostruzione sono cambiate. E ancora una volta parliamo di un lavoro di concerto. È importante condividere con il chirurgo plastico le tecniche di intervento in modo da rendere compatibile una buona asportazione con una buona ricostruzione. Una chirurgia, come vede, rispetto al passato, decisamente più gentile e rispettosa.

Ci sono donne che dopo la diagnosi vorrebbero essere operate immediatamente. È sempre questa la strada migliore?

Una volta, soprattutto quando i tumori erano grandi, si decideva comunque di fare la mastectomia. Oggi sappiamo che i tumori hanno determinate caratteristiche biologiche che dobbiamo conoscere per poter impostare correttamente in una valutazione complessiva e multidisciplinare il successivo iter terapeutico. Per questo a volte la giusta indicazione è un trattamento preoperatorio di chemioterapia – ne esistono diversi, con differenti protocolli a seconda delle caratteristiche del tumore – che riescono a ridurre, addirittura in alcuni casi a far scomparire, il tumore. Questo significa che un intervento preventivato come una mastectomia può diventare un trattamento molto più ridotto come una quadrantectomia, associata all’asportazione di un numero limitato di linfonodi, arrivare cioè ad un intervento ugualmente risolutivo ed efficace ma meno demolitivo. Valutare prima le caratteristiche del tumore è un cambiamento importante. Fino a poco tempo fa un nodulo dall’aspetto tumorale alla palpazione o ad una radiografia veniva comunque asportato senza altre indagini. L’indicazione era sempre la sala operatoria. Oggi si studia il tipo di tumore con indagini approfondite per decidere se effettuare o posticipare un intervento.

Quindi il tempo dell’attesa non è ‘tempo perso’

È importante spiegare bene alla paziente che le azioni che si fanno prima di un intervento non sono assolutamente una perdita di tempo. Quasi sempre le donne arrivano con l’angoscia di fare tutto ‘subito’, spinte da amiche e familiari a non aspettare. Niente di più sbagliato. È fondamentale fare il punto della situazione e raccogliere tutte le informazioni possibili. Un esame in più non è mai tempo perso ma significa scegliere il trattamento più giusto. La personalizzazione della cura è forse un termine di moda ma niente di più vero in questo campo. Non esiste un solo tipo di tumore e quindi non esiste un solo tipo di approccio. Parlerei quindi di chirurgia non solo personalizzata ma ragionata. In grado di considerare non solo l’asportazione della malattia ma anche il risultato nel tempo. Ci sono donne che vengono da me terrorizzate chiedendomi di non tenere conto della parte estetica. Parlano di ‘togliere tutto’, a volte anche il seno sano, pur di uscire dal tunnel dell’angoscia. Vorrei rassicurarle che la chirurgia conservativa ha gli stessi indici di sopravvivenza, anche a distanza, di quella dell’asportazione completa.

Una precisazione. È chiaro che la chirurgia è importante ma lo sono anche i trattamenti adiuvanti. Anche questo un messaggio importante. La chirurgia da sola non basta. Per impedire, ridurre e attenuare la possibilità delle recidive bisogna contare sulla radioterapia, la chemioterapia, la terapia ormonale e l’impiego di sempre più innovativi farmaci biologici. È il complesso delle cure che cura.

Quindi, parliamo di una donna più consapevole che in questa orchestra ha il suo spartito

L’approccio chirurgico nel tempo è quello che si è rivelato più sensibile alla esigenza della donna di tornare ‘come prima’. Ma per riuscirci il tempo, ripeto, è un fattore essenziale. Non si tratta di andare dal meccanico per sostituire un pezzo danneggiato. Una donna con un tumore al seno vive nel proprio intimo una grande tragedia. Perché la diagnosi mette in pericolo progetti importanti. Pensiamo a donne giovani che desiderano di avere un figlio. O hanno figli piccoli e temono di non riuscire più ad accudirli. Intercettare le necessità di ‘quella’ donna è importante. Occorre, quindi, tempo per ‘indagare’ ma anche per spiegare alla paziente i pro e i contro di ogni possibile scelta. Non solo sotto il profilo chirurgico e medico ma anche psicologico. Mi spiego meglio. Non tutte le pazienti scelgono, ad esempio, la ricostruzione post-intervento. Ci sono donne che rifiutano l’idea di un corpo estraneo che le potrebbe costringere a ulteriori possibili interventi per accorgimenti e ritocchi. Una scelta che è importante valutare prima di entrare in sala operatoria.

Prevenzione Cardiologica: come mantenere il cuore sano e riconoscere i segnali delle aritmie

25 Settembre 2024 in news /da Roberto

Le abitudini di vita hanno un impatto molto importante sulla salute del nostro cuore.

Ma quali sono i segnali da non sottovalutare? E cosa si intende per malattie del ritmo cardiaco?

Ne abbiamo parlato con Andrea Natale, professore ordinario in cardiologia all’Università di Tor Vergata di Roma con chiamata per Chiara Fama. Riconosciuto leader mondiale nel campo dell’elettrofisiologia, ricopre dal 2008 il ruolo di executive medical director al Texas Cardiac Arrhythmia Institute del St. David’s Medical Center ad Austin in Texas.

Che cos’è la prevenzione Cardiologica?

L’incidenza e i tassi di mortalità delle malattie cardiovascolari sono in calo in molti paesi d’Europa, ma sono ancora le cause più frequenti di decesso. È pertanto fondamentale che i professionisti del settore siano sempre attenti nell’informare e nel consigliare i pazienti ad adottare delle strategie di prevenzione volte a ridurre ancora di più tale rischio.

Negli ultimi decenni sono stati identificati i principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, i quali si basano tutti su un caposaldo fondamentale: promuovere uno stile di vita sano nel corso della propria vita.

Tale obiettivo però non può dipendere solo dal medico o dal paziente, ma deve scaturire dalla sinergia di intenti che nasce dal rapporto tra i due che si supportano (ciascuno per la propria parte) in un percorso condiviso concentrato sul prendersi cura di sé stesso.

La prevenzione, dunque, non è banalmente legata al rispetto di regole, ma nasce dal rapporto di collaborazione tra i pazienti che decidono di ridurre il rischio di malattia ed il medico che li sostiene suggerendo loro le strategie adeguate al raggiungimento di tale obiettivo.

In sostanza, il paziente è al centro di questo processo. Il medico, pur mettendo a disposizione le proprie competenze, può far ben poco se il paziente non si impegna a preservare il proprio benessere personale.

Detto ciò, la prevenzione si può dividere in due grandi rami:

– la prevenzione primaria destinata ai pazienti apparentemente sani e basata su semplici

correzioni dello stile di vita che deve cominciare in età giovanile.

– la prevenzione secondaria destinata a pazienti con problematiche di salute note che è impostata sulla gestione di tali condizioni riducendo al minimo la possibilità che impattino in maniera negativa sulla qualità della vita

Prevenzione primaria: stili di vita

La prevenzione primaria si basa sul prendersi cura di sé stessi evitando quelle abitudini che possano in qualche modo avere un impatto negativo sul benessere quotidiano o a lungo termine.

Tale strategia può essere applicata in tutte le persone apparentemente sane (ossia non affette da patologia) che decidono di ridurre al minimo i rischi per la propria salute.

Le linee guida internazionali, basandosi sulle statistiche raccolte negli anni, indicano inequivocabilmente quali siano i principali elementi da considerare nella strategia di controllo del rischio: Il fumo di sigaretta, i livelli di pressione arteriosa, i livelli di colesterolo e l’obesità (e sedentarietà ad essa spesso collegata).

Tutti questi elementi contribuiscono in modo significativo all’insorgenza ed alla progressione di malattie cardiovascolari e possono essere controllati dal paziente stesso con l’impegno e la costanza.

La principale strategia, ed anche la più utile ed efficace, per controllare tali fattori, che può sembrare banale ma che richiede impegno e costanza, è rappresentata dall’esercizio fisico.

Uno degli obiettivi principali della Società Europea di Cardiologia fin dal 2020 è quello di promuovere l’esercizio fisico nei pazienti. Indipendentemente dall’età e dalle condizioni di salute, è ormai risaputo quanto grande sia l’impatto dell’esercizio fisico nel favorire e preservare il benessere individuale.

Almeno venti minuti di esercizio aerobico tre volte a settimana, insieme ad una dieta equilibrata ed all’interruzione dell’abitudine al fumo, sono diventati le basi per il controllo di quei fattori di rischio che sono giustamente definiti modificabili perché sono quelli su cui può agire direttamente il paziente anche senza l’aiuto del medico.

Il ruolo del medico in questa fase è di informare il paziente dei rischi e di guidarlo all’adozione di uno stile di vita che lo aiuti in maniera concreta a preservare il proprio benessere.

Prevenzione secondaria: controlli periodici

La prevenzione secondaria si applica a pazienti che hanno già avuto un problema di salute e che, in funzione di tale problema, occupano un gradino più alto nella scala del rischio rispetto alla popolazione sana.

Anche in questi pazienti vale la regola del controllo delle condizioni relative allo stile di vita ma ad essa si aggiunge un elemento che è il controllo dell’eventuale evoluzione della malattia.

La cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, le malattie aritmiche ed il diabete necessitano di strategie di monitoraggio e di trattamento a lungo termine che sono finalizzate a minimizzare l’impatto che queste patologie possono avere sullo stato di salute generale.

Il paziente, in questo caso, non può fare tutto da solo ma si deve affidare alle competenze del medico che lo guida e lo aiuta a controllare le possibili conseguenze da esse derivanti.

In questi casi bisogna considerare che la patologia non è da trattarsi come elemento singolo, ma va inquadrata nell’ottica della condizione generale e quindi, con controlli adeguati e con una strategia di trattamento individualizzata, va seguita nel tempo aiutando il paziente ad acquisirne coscienza e permettendogli di capire quali siano i segnali che il proprio corpo gli fornisce sempre con lo scopo di preservare il proprio benessere il più a lungo possibile.

Adottare una strategia di controlli periodici serve proprio a questo: educare il paziente a monitorare la propria condizione, aiutarlo a controllarla e limitare al massimo l’impatto negativo sulla qualità della vita.

Quali sono i segnali da non sottovalutare

I segnali principali possono essere di due tipi: segnali rilevabili dal paziente stesso e segnali emergenti dai controlli medici periodici.

Il paziente non deve sottovalutare elementi quali aumento del proprio peso, stanchezza eccessiva, affanno e palpitazioni. In questi casi la strategia migliore è rivolgersi a figure professionali che siano in grado di capire se queste condizioni dipendano da alterazioni dello stato di salute o se dipendano semplicemente da condizioni correggibili con la modifica dello stile di vita.

Al medico spetta invece l’identificazione e lo studio di tutti quegli elementi che il paziente da solo non riesce a controllare autonomamente come ad esempio i valori di colesterolo o i valori di pressione arteriosa. Ma soprattutto ha l’obbligo di far capire al paziente su cosa debba concentrare la propria attenzione individualizzando la strategia di monitoraggio in base alle condizioni ed alle esigenze specifiche del singolo paziente.

Che cosa sono le malattie del ritmo cardiaco. Quando preoccuparsi e come si curano

Il cuore è una pompa che, attraverso una funzione meccanica (contrazione), spinge il sangue in tutto il corpo attraverso i vasi. Come tutte le pompe meccaniche è formato da componenti che hanno una gerarchia funzionale necessaria a rendere più efficiente il proprio compito.

Tale gerarchia di funzionamento prevede che il movimento delle sue componenti rispetti una certa sequenza che viene garantita da un’attivazione elettrica progressiva. Quest’ultima diffondendosi nel tessuto cardiaco ne comporta il funzionamento ottimale.

La normale ed ordinata attivazione elettrica delle strutture cardiache fa in modo che il cuore si contragga in maniera ordinata e coordinata e fa in modo che il suo meccanismo di pompa funzioni al meglio. Tale attivazione ordinata determina un ritmo che viene definito “Ritmo Sinusale” perché generata da una struttura specifica chiamata Nodo del Seno.

Il Nodo del Seno è definito anche Segna Passi naturale del cuore perché è quello che detta la cadenza e da cui parte la sequenza di attivazione delle componenti cardiache. Dobbiamo immaginarlo un po’ come il direttore di un’orchestra che impone a tutte le strutture cardiache di svolgere il proprio compito al momento giusto.

Quando l’attività elettrica sfugge al controllo di questo direttore d’orchestra si parla di disturbi del ritmo ossia di aritmie.

Esistono diverse tipologie di aritmie e ciascuna ha la propria specificità che sarebbe troppo lungo andare a trattare nel dettaglio, ma tutte possono essere semplificate in due grandi famiglie: quelle che fanno andare il cuore troppo lento, le cosiddette ipocinetiche e quelle che fanno andare il cuore troppo veloce, ovvero ipercinetiche.

Le Aritmie Ipocinetiche derivano da difetti di produzione dell’impulso elettrico a livello del Nodo del Seno o da difetti di trasmissione (conduzione) dell’impulso tra le varie componenti del cuore. Questo porta spesso ad un eccessivo rallentamento della frequenza cardiaca che, sebbene a volte asintomatica, si può manifestare con vari gradi che vanno dall’eccessiva stanchezza all’affanno fino anche alla perdita di coscienza. La strategia di trattamento in questi casi prevede l’applicazione di un dispositivo detto pacemaker che sostituendosi al Nodo del Seno o alle vie di conduzione ripristina il corretto ritmo e la corretta sequenza di attivazione delle componenti del cuore.

Le Aritmie Ipercinetiche derivano, invece, da produzioni anomale dell’impulso elettrico a livello di strutture che di solito obbediscono a quanto imposto dal Nodo del Seno. Esse generano un proprio ritmo e lo impongono al resto del cuore alterando la normale sequenza di attivazione delle componenti e rendendo il sistema di pompa meno efficiente. Tali aritmie possono essere generate negli atri o nei ventricoli e prendono il nome proprio dalle strutture da cui originano e possono essere trattate sia con strategie farmacologiche sia con strategie interventistiche.

Una delle più comuni è sicuramente la Fibrillazione Atriale che è dovuta ad uno sconvolgimento della normale attivazione degli atri e comporta un ritmo disordinato e caotico che si manifesta con palpitazioni, affanno e stanchezza (anche se spesso è asintomatica). Tale condizione rappresenta l’esempio tipico delle aritmie cardiache che, con le tecniche derivanti dall’evoluzione tecnologica degli ultimi anni, può essere facilmente individuata con dispositivi personali (es smart watch) ed altrettanto facilmente trattata mediante una procedura chiamata ablazione transcatetere.

Quest’ultima tecnica consiste nell’entrare all’interno delle camere cardiache con dei cateteri di pochi millimetri inseriti dalle vene della gamba che sono in grado di mappare l’attività elettrica cardiaca andando ad individuare con precisione l’origine dell’impulso anomalo e di eliminarlo attraverso l’applicazione di una fonte di energia che determina la distruzione del tessuto sede dell’anomalia.

L’elettroporazione o Pulsed Field Ablation, questo è il nome della tecnica, provoca una lesione solo sulla parte di tessuto responsabile dell’aritmia ed evita che vengano apportati danni alle strutture vicine e garantisce un’ottima percentuale di successo procedurale in tempi operatori ridotti.

Prof. Andrea Natale

Il Prof. Andrea Natale si è laureato summa cum laude in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze ed ha conseguito la Specializzazione in Cardiologia summa cum laude presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Si è successivamente dedicato allo studio dei disturbi aritmici del cuore, completando la sua formazione in elettrofisiologia cardiaca in Canada e negli Stati Uniti.

Dopo aver ricoperto incarichi accademici e clinici a Duke University e Stanford, venne nominato Direttore del Dipartimento di Elettrofisiologia alla Cleveland Clinic dove fondo’ il Centro di Eccellenza per la Fibrillazione Atriale. Nel 2024 e’ stato nominato Professore Ordinario di cardiologia per Chiara Fama all’Universita di Tor Vergata a Roma.

Il Prof. Natale è attualmente Direttore Medico Esecutivo del Texas Cardiac Arrhythmia Institute presso il St. David’s Medical Center di Austin, Texas, Direttore Nazionale per l’elettrofisiologia dell’Healthcare Corporation of America (HCA), Chair del Consiglio di Elettrofisiologia, nonché’ membro esecutivo del Consiglio per Malattie Cardiovascolari.

Il Texas Cardiac Arrhythmia Institute è leader mondiale nel trattamento dei disturbi aritmici cardiaci e vanta un volume medio annuo di circa 3000 ablazioni complesse. Il gruppo guidato dal Prof. Natale è il primo centro per la cura delle aritmie cardiache del Nord America. Oltre all’attività clinica, il Prof. Natale dirige la ricerca clinica del suo centro ad Austin con pubblicazioni di importanti lavori di ricerca che hanno cambiato radicalmente l’approccio terapeutico interventistico della fibrillazione atriale e della tachicardia ventricolare.

Il Prof. Natale è un appassionato educatore e mentore, formando molti elettrofisiologi che portano i suoi insegnamenti nel mondo, è direttore di decine di corsi di formazione nazionali ed internazionali, è presidente dello storico VeniceArrhythmia e fondatore del prestigioso meeting EPLIVE, il primo congresso nel campo dell’elettrofisiologia a promuovere la formula di procedure particolarmente interessanti trasmesse dal vivo ad esperti del settore.

A conferma del suo successo, il format del congresso è stato esportato nel mondo e, in aggiunta all’evento di Austin, continua ad organizzarli in Europa, Medio Oriente, Asia e Sud America.

Annualmente selezionato fra i “Best Doctors in America” dal 2003 ad oggi, in virtù della cospicua produzione clinica e scientifica e dell’attività educativa, è stato insignito di numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui Pioneer in Electrophysiology Award dell’European Heart Rhythm Association (2020), Star of Texas Healthcare Award (2018), Eric N. Prystowsky Advocate for Patients Award (2017), Frist Humanitarian Award (2012), Innovator Award della Cleveland Clinic Foundation (2004 e 2005).

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